Nelle nostre società, percepite più come utili repertori di strumenti per l’individuo che non come sedi di prossimità umana, emerge un problema più urgente e radicale di quello della giustizia: la crisi del senso del vivere insieme.
In questa crisi le virtualità umanistiche della religione non sembrano avere spazio di concorso alla qualità delle istituzioni e del legame sociale. Si tende a concepire l’idea di Dio come opzione legittima (o tollerata) di un sentimento privato. La religione è destinata ad uscire definitivamente dalla sfera del discorso di pubblico interesse? E’ ineluttabile rassegnarsi alla deteologizzazione della prassi sociale dei cristiani?
La proposta dell’autore consiste nel porre alla luce la permanenza della questione teologica all’interno dell’esperienza sociale stessa, esplicitando la presenza di un “bene” che è superiore ad ogni preciso obiettivo culturale e che si configura storicamente come una promessa, che autorizza l’impegno sociale secondo modalità appropriate agli ordinamenti concretamente vigenti all’interno delle società.